ELEMENTI PER RICERCHE DI GEOLOGIA STORICA IN ALTA VAL D’ORBA E A SASSELLO

 

Alessandro Tomaselli, 2002

 

 

INTRODUZIONE

           

            La maggior parte delle note che seguono sono tratte da una pubblicazione di Don Enrico Principe (2001) che ha raccolto, nell’arco di circa trenta anni, una serie di notizie, fra storia e leggenda, nei diversi archivi di Sassello, Rossiglione, Tiglieto, Martina, San Pietro e Acqui Terme. Dove questa è diversa viene citata la fonte.

            Il presente riassunto vuole essere un’estrazione di ciò che ha a che fare con la geologia dei luoghi analizzati.

            L’area in esame è costituita dalle rocce mesozoiche (100-200 milioni di anni) del Gruppo di Voltri (prevalentemente da serpentiniti, metagabbri, metabasiti e calcescisti) e da quelle del Bacino Terziario (circa 20 milioni di anni) del Piemonte (prevalentemente conglomerati, marne e arenarie).

            Il clima è continentale e temperato. La precipitazione annua è di circa 1000mm. Le nevicate si hanno da Novembre ad Aprile ma la permanenza del manto nevoso è temporanea. Il fenomeno della Galaverna è caratteristico di quote superiori ai 500m.

            La preistoria riguarda le incisioni rupestri della zona di Piampaludo presso la Rocca della Biscia. Per ciò che concerne le culture umane, alcuni ritrovamenti di oggetti fanno risalire al paleolitico le prime notizie di abitanti nella zona.

            I graffiti presenti in un’area compresa tra Prariondo e la Rocca della Biscia testimonierebbero a favore della presenza di una popolazione in età pre – romana.

            Nel suo libro Don Principe (2001) spiega che luoghi di rifugio esistevano fin da quando il mare arrivava alla Sarera, che è una frazione di Palo. Ma il mare cui si riferisce probabilmente è quello dell’oligocene (più di venti milioni di anni fa) epoca in cui l’uomo non aveva ancora fatto la sua comparsa sulla terra.

            Le incisioni rupestri di varia forma sono presenti in tutta la zona che va dal dal Monte Reixa alle falde del Beigua, nel versante padano.

Alcuni anziani raccontano, ancora oggi, che mentre svolgevano la sorveglianza al bestiame, si dilettavano con una roncola o con un temperino a incidere le pietre con nomi o simboli diversi, specie presso la cosiddetta pietra scritta, punto di cambio di guardia dei sorveglianti il bestiame.

            Issel (1908) racconta di una notevole quantità di utensili levigati quali asce, accette, lance, frecce e altri oggetti raccolti dal rev. Perrando.

Caverne e anfratti furono riparo dalle intemperie per le popolazioni locali in fuga dal console romano Popilio Lenate che nell’anno 173 a.C. ebbe assegnata la Liguria.

E’ documentato il fatto che all’inizio del 1625 le milizie del Duca di Savoia invasero la Repubblica di Genova. Durante l’assedio della Bastia di Sassello (16 e 17 Aprile), una parte delle milizie dirette verso S. Pietro ivi furono respinte. Secondo la leggenda e le testimonianze dei contadini, nella valle dell’Orbarina, affluente dell’Orba o Olba, tra San Pietro e Piampaludo, sotto la strada che da San Michele porta a Veirera, prima della località Ciazza, esiste un precipizio, chiamato “Le rocche del Cavallo” o “dei Francesi” in quanto una squadra di questi soldati, per incendiare le case dei contadini, non essendo pratici dei luoghi, precipitarono coi loro cavalli da questa roccia ripida. Osservando una carta topografica, si può dedurre che questo dirupo sia uno di quelli che caratterizzano il tratto di versante sinistro dell’Orbarina compreso tra C.se La Ciazza e la confluenza col Torrente Orba tra quota 600 e 700m: probabilmente è quello posto al termine del sentiero che dalla costa Colrei si dirige, pianeggiando verso il torrente. Resta da verificare di che tipo di superfici si tratti (erosione, faglia etc.); è molto probabile che vi sia in corso un ringiovanimento del reticolo idrografico: lo si può dedurre dal fatto che l’Olba per raggiungere S. Pietro deve attraversare una strettoia tra due crinali che, relativamente poco tempo fa (100-200 mila anni di erosione fa a 1mm/anno), doveva essere una soglia invalicabile. Questo fatto doveva costringere lo stesso a un aggiramento da ovest utilizzando un tratto dell’attuale valle dell’Orbarina. Nella stessa zona è facile che prossimamente il Torrente Orba catturi un affluente del rio Pianichetta, tributario del Chiappuzzo e dell’Olbicella, dato che scorre molto vicino a questo, a circa 150m di dislivello più in basso.

Ad Acquabona nel 1850 è segnalata una grande sorgente di acqua fresca e limpida. Nel 1935 è citato un evento alluvionale che ne distrusse la Cappella di S. Gottardo. Potrebbe trattarsi di una frana, dato che il paese è costruito a mezza costa sul versante sinistro (idrografico) del Torrente Orba.

            Dalla memoria lasciata da Chabrol de Volvic (1824) si ricava che tra le attività delle donne di San Pietro vi era il trasporto della torba oltre che della legna: era proprio torba? E se si, dove si estraeva?

            Don Principe (2001) mostra due vecchie foto di Martina Olba vista da un “Lago della Piana”: esiste ancora?

            La zona del Rostiolo, presso Vara, è una piana in cui si trovava la Cappella della Romana di cui sono ancora visibili i resti; si tratta di una zona umida (vedi, ad es., Zunino, 1786).

            Per questo motivo la Cappella non era agevole per la frequentazione e il culto; inoltre, d’inverno, vi erano difficoltà anche per la neve e il ghiaccio. Ciò spinse gli abitanti a chiedere la costruzione di una nuova Cappella che venne approvata con decreto del Mons. Sappa (1824). In tale documento leggiamo che, per raggiungere la più “comoda” chiesa di Martina Olba, gli abitanti di Vara Inferiore dovevano passare lungo dirupi soggetti a pericolo di frane di crollo (“imminenti rovine di rocche e grossi sassi”) e quelli di Vara Superiore dovevano transitare lungo un percorso soggetto a pericolo di valanghe e ghiaccio.

            L’acqua che scendeva dall’Orbarina era incanalata in un canale chiamato beo o bedale, talvolta scavato nella roccia. Il beo può essere stato attivo tra il 1600 e il 1900. Una pianta descrive una delle Ferriere dell’Orba attiva sicuramente almeno tra il 1825 e il 1860.

            A prescindere dall’origine del nome, Piampaludo si è certamente sviluppata su una zona sub - pianeggiante compresa tra gli 850m e i 920m di quota, in molte parti acquitrinosa anche se temporaneamente. Analizzando una carta topografica in scala 1:25000 si può ipotizzare che si tratti di un esteso cuneo di diffluenza fra i due nevai persistenti che dovevano scendere nell’Orbarina e nel Rostiolo nel pleistocene.

Il legname era trasportato con le lezze, ciè le slitte. Significativa l’assonanza con le lizze, termine con cui vengono spesso indicate dai geologi liguri le scarpate principali di frana.

Su Tiglieto esistono alcune indicazioni geografiche dovute a Casalis (1850): ingegneri francesi indicarono la latitudine in 44° 31’ 21” e la longitudine in 6° 14’ 59” dal meridiano passante per Parigi. Nuove triangolazioni danno una distanza a est del meridiano di Genova pari a 25000m e a nord del parallelo pari a 13800m. Le rocce serpentinitiche formano ingenti ammassi lingo il litorale tra Sestri Ponente e Varazze, estendendosi a settentrione sino alla pianura dove scompaiono al di sotto delle rocce del Bacino Terziario del Piemonte. Le rocce serpentinitiche costituiscono dunque la parte superiore della Val d’Orba.

Casalis (1850) chiamava “dialeggie” rocce ricche di diallagio, una varietà di diopside nel gruppo dei pirosseni. Probabilmente poi con l’aggettivo serpentinose indicava l’insieme delle rocce verdi. Segnala che ad “ostro” della Badia di Tiglieto e vicino alla Chiesa di S. Gottardo di Acquabona, la massa serpentinosa è spesso coperta di “schisti”, probabili metabasiti, talvolta accompagnati da “dialleggio gatteggiante metallico”. Con banchi di “eufotide schistosa” si indica il metagabbro con cui si sostituisce l’arenaria nelle costruzioni.

            Da un atto del 1212 risulta che nel fiume Orba si setacciasse l’oro. Tale diritto pare spettasse ai Marchesi del bosco. Alcuni densi filoni di “offiolite”, infatti, contengono granellini d’oro “metallo che un dì pescavasi con qualche vantaggio nell’Olba” e granati. E ancora “il Carpenero che attraversa Falconetta, Casadalto, Preisa o Zannaja, è creduto il più ricco torrente aurifero di Val d’Olba”. Si tratta del penultimo affluente di destra prima del ponte della Badia, scendendo lungo il Torrente Orba. “Nei fianchi della Preisa si sperimentarono alcuni dei sudetti filoni; e negli anni 1842-1843 una società di Genovesi tentava nuove escavazioni sotto la direzione dell’ingegnere spagnuolo Trapero Francesco; ma il risultamento ne fu misero”.

Nel 1731 il Magiore Willencourt, rappresentante del  Re di Sardegna, che era venuto in possesso del Monferrato, e il Capitano Ingegner Tallone, delegato della Repubblica di Genova, rilevarono mappe della regione detta Pian del Fo’ (oggi Pian del Foco, sulla sponda destra dell’Olbicella, sotto il Bric del Cucco.

            Casalis (1850) riferisce ancora di un turbine che nel 1798 colpì la località Morbetto (posta tra il valico La Crocetta e il Colle del Ferro) con scarica elettrica descritta come una fiamma e il rovesciamento di molti alberi. Lo stesso autore riferisce di scariche elettriche frequenti e dannose nella piana della Badia.

Una piena dell’Orba è databile al 1815 in quanto riferita da Casalis (1850) come causa di abbandono della ferriera Loppa da “35 anni”.

Presso la Badia di Tiglieto dovrebbe trovarsi ancora una galleria sotterranea che i monaci fecero per condurre l’acqua al mulino, mentre nulla dovrebbe rimanere dei canali che portavano acqua da una sorgente ancora esistente sulle pendici del M. Lajone.

Un altro tunnel, infine, fu fatto eseguire dal Marchese Giulio Raggio nel 1782 per deviare il corso del Torrente Olba che precedentemente aveva danneggiato la piana. Il tunnel si ruppe a causa dell’urto da parte dell’acqua, ma il torrente, portando via le rovine, si mantenne nel nuovo alveo. Tale opera doveva esistere in corrispondenza della curva brusca a destra che il corso d’acqua fa, allontanandosi dalla strada asfaltata e inserendosi in una vistosa e grande trincea dai fianchi rocciosi e fortemente erosi. Tale trincea isola chiaramente un rilievo alla sua sinistra in modo simile a ciò che avviene durante un fenomeno di cattura fluviale. L’opera, pur proteggendo la piana dalle inondazioni, ha però ringiovanito il corso del Torrente Olba a monte, ponendolo per un lungo tratto in stato di erosione.

 

 

RIFERIMENTI

 

Casalis, 1850. Dizionario geografico.

 

Chabrol de Volvic, 1824. Statistique. Dipartimento di Montenotte, Parigi.

 

Issel Arturo, 1908. Liguria preistorica. Società ligure di storia patria, 765 pp.

 

Principe Enrico, 2001. Alta Val d’Orba e Sassello. Grifl, I, 255pp.

 

Sappa Carlo Giuseppe, 1824. Decreto del 18 marzo 1824.

 

Zunino Andrea, 1786.

 

 

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